Da quando, nel 1984, Montagnier annunciò la scoperta del virus della Hiv ad oggi, il numero dei sieropositivi è arrivato ad oltre 50 milioni nel mondo. L’istituto superiore di sanità stima che in Italia ci siano circa 150.000 persone affette da questo virus. Fino a metà degli anni 90 le terapie per questa patologia erano semplicemente palliative. È in quegli anni che si è avuta la svolta, la ricerca in campo farmaceutico ha infatti portato alla produzione dei cosiddetti farmaci antiretrovirali. Per la prima volta nella storia della medicina si stava studiando un farmaco contro un virus. I risultati furono da subito molto incoraggianti riuscendo a contenere la mortalità del Hiv. Nell’ottica di contrastare una patologia che fino a quel momento era praticamente una condanna a morte, gli effetti collaterali, soprattutto a lungo termine non furono tenuti nella giusta considerazione. Con il passare del tempo si è realizzato che, se da un lato questa terapia, anche chiamata
HAART, riusciva a ridurre la mortalità nei pazienti, dall’altro provocava varie sindromi metaboliche fra le quali la lipodistrofia. Si è infatti studiato che, a seguito dell’assunzione di questi farmaci, i pazienti subivano una ridistribuzione del grasso corporeo che causava un’alterazione dei lineamenti producendo praticamente delle “stimmati”.
La lipodistrofia Hiv correlata si manifesta con la riduzione del tessuto adiposo delle gambe, dei glutei, delle braccia e del volto ed un accumulo a livello retro cervicale, addominale, inguinale e dorsale. Soprattutto a livello del volto queste alterazioni hanno portato un grande disagio sociale per i pazienti che, è bene ricordarlo, se aderenti ad una corretta terapia antiretrovirale possono avere aspettative di vita sovrapponibili alle
persone sane.
Con la chirurgia ricostruttiva si possono correggere questi difetti.
Le procedure piu’ comuni sono: